Io chiedevo quale fosse il significato della mia
vita al di fuori del
tempo, dello spazio e del rapporto di causalità. E invece rispondevo alla domanda rimanendo all’interno delle relazioni di
tempo, di spazio e di causalità... Dopo un lungo travaglio del pensiero, la risposta fu che la mia
vita non aveva alcun significato.
La Confessione -
Lev Tolstoj
“Tutto ciò che esiste al
mondo, la stupidità e la
saggezza, la ricchezza e la povertà, il dolore e la gioia, non sono che vanità e stoltezza. L’uomo morirà e di lui non resterà nulla, e tutto questo è senza senso”
La Confessione -
Lev Tolstoj
Involontariamente m’immaginavo che in un abisso, chissà dove, ci fosse qualcuno che si fregava le mani dalla contentezza per lo spettacolo che io gli offrivo, io che, dopo aver vissuto trenta o quarant’anni studiando, sviluppandomi, crescendo nel corpo e nello spirito, rafforzando l’intelletto, ormai giunto a quel culmine della
vita da cui essa si svela totalmente, me ne stavo lì come uno sciocco vedendo chiaramente che nella
vita non c’era nulla, non c’era mai stato nulla, non ci sarebbe mai stato nulla. “E quello,” mi dicevo, “ne gode.”
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Lev Tolstoj
La fede attribuisce all’esistenza finita dell’uomo il senso dell’infinito, un senso che non viene annullato dalle sofferenze, né dalle privazioni, né dalla
morte. Ciò significa che soltanto nella
fede si può trovare il senso della
vita e la possibilità di vivere.
Mi chiesi cosa fosse questa fede. E allora compresi che la fede, contrariamente a quanto generalmente si pensa, non è soltanto credenza nelle cose invisibili, [...] ma è la conoscenza del senso della vita, che impedisce all’uomo di autodistruggersi e gli permette di vivere. Se l’uomo vive, vuol dire che crede in qualcosa.
La Confessione - Lev Tolstoj
Allora noi tutti eravamo convinti di dover parlare, scrivere e pubblicare il più possibile e il più in fretta possibile, perché ciò era necessario per
il bene dell’
umanità. E così noi – ed eravamo migliaia – rinnegandoci e insultandoci a vicenda, non facevamo altro che scrivere, pubblicare e ammaestrare gli altri. E senza renderci conto del fatto che non sapevamo nulla e che non eravamo neppure in grado di rispondere alla domanda più semplice posta dalla
vita, vale a dire cosa sia il
bene e cosa il male, parlavamo tutti insieme, contemporaneamente, senza neppure ascoltarci tra noi, ogni tanto incoraggiandoci e lodandoci a vicenda per venire noi stessi incoraggiati e lodati, ogni tanto stuzzicandoci e insultandoci reciprocamente, proprio come accade in un manicomio.
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Lev Tolstoj
Non potevo neppure desiderare di conoscere
la verità, intuendo in cosa consistesse: nel fatto che la
vita era un’assurdità. Era come se avessi vissuto avanzando incessantemente, sino a trovarmi sull’orlo di un precipizio, senza più nulla davanti, tranne la
morte. Ma fermarsi non era possibile, e neppure tornare indietro, e neppure chiudere gli occhi per non vedere che davanti non c’era altro che sofferenza e la reale, autentica
morte: l’annullamento totale.
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Lev Tolstoj
La mia
vita si era arrestata. Potevo respirare, mangiare, bere, dormire, e anzi non potevo fare a meno di respirare, mangiare, bere e dormire, ma la
vita non c’era più perché non avevo più
desideri che mi sembrasse ragionevole soddisfare. Se mi accadeva di provare un
desiderio, sapevo già in precedenza che, lo soddisfacessi o meno, non avrei avuto comunque alcun vantaggio.
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Lev Tolstoj
E così, per quanto possa studiare le risposte offerte dalla
filosofia speculativa, non ne trarrò mai nulla che assomigli a una vera risposta, e non perché – come accade nel campo delle scienze esatte e sperimentali – la risposta non abbia attinenza con la mia domanda, ma perché in questo caso, sebbene tutto il lavoro intellettuale sia concentrato proprio su questa domanda, non c’è risposta, e invece della risposta si incontra sempre la domanda stessa, formulata in una forma sempre più complessa. Nella mia ricerca di una risposta al problema della
vita io provavo esattamente lo stesso sentimento di un
uomo che si sia smarrito in un bosco.
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Lev Tolstoj
Non soltanto: se avessi semplicemente saputo che la mia
vita non aveva senso, avrei anche potuto accettare rassegnato una tale
verità, sapendo che quello era il mio
destino. Ma io non potevo riconoscere che le cose stessero così. Se mi fossi trovato nella situazione di un
uomo che vive in un bosco da cui sa che non c’è via d’uscita, avrei potuto ancora vivere; ma io ero come uno che si è perduto in un bosco, che è dominato dalla paura di essersi smarrito e si agita scompostamente nella
speranza di ritrovare la strada, pur sapendo che ogni passo lo allontana sempre più dalla giusta direzione, e naturalmente non può fare a meno di agitarsi.
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Lev Tolstoj
La quarta soluzione è quella della debolezza, che consiste nel continuare a trascinare la
vita pur avendone compreso tutto
il male e l’assurdità e pur sapendo in precedenza che non ne risulterà nulla. Gli uomini di questa categoria sanno che la
morte è migliore della
vita, ma non avendo la forza di agire razionalmente, mettendo fine al più presto all’inganno e uccidendosi, continuano a vivere come se aspettassero qualcosa. Questa è la via scelta dalla debolezza, giacché se io conosco il meglio e so che è in mio potere ottenerlo, perché non lo scelgo?... Io mi trovavo appunto in questa categoria.
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Lev Tolstoj
Quella riva era Dio, la direzione indicatami era la tradizione e i remi la libertà che mi era data di approdare alla riva e di unirmi a Dio. E così la forza vitale si ridestò in me e io ricominciai a vivere.
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Lev Tolstoj
Non posso ricordarmi di quegli anni senza orrore, senza disgusto, senza un profondo dolore. Uccisi degli uomini in
guerra e altri ne sfidai a duello per ucciderli; giocavo e perdevo al gioco dilapidando il frutto del lavoro dei contadini, e per giunta li punivo, fornicavo, ingannavo. Menzogne, furti, adulteri, ubriachezza, violenze, omicidi... non ci fu
delitto che io non abbia commesso, e per tutto questo venivo lodato e i miei coetanei mi consideravano – e tuttora mi considerano – come un
uomo relativamente morale.
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Nei miei ragionamenti io rapportavo continuamente – e del resto non potevo fare altrimenti – il finito al finito e l’infinito all’infinito, e pertanto risultava sempre quel che doveva risultare: la forza è la forza, la materia è la materia, la volontà è la volontà, l’infinità è l’infinità, il nulla è il nulla; e non poteva risultarne altro.
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Lev Tolstoj
Fondandosi sulla
vita di un
uomo e sulle sue azioni è assolutamente impossibile capire – sia ai giorni nostri che in passato – se costui sia
credente o meno. Se vi è una differenza tra coloro che professano esplicitamente
la fede e quelli che la negano, ebbene, tale differenza non va certo a favore dei primi. Sia ai giorni nostri che in passato, l’esplicita accettazione e professione della
fede ortodossa si riscontra generalmente in persone ottuse, crudeli, immorali, con un alto concetto di se stesse, mentre l’intelligenza, l’onestà, la
bontà, la rettitudine e il sentimento etico si ritrovano generalmente in persone che si professano non credenti.
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Ma all’improvviso, considerando me stesso e tutto ciò che accadeva dentro di me, mi tornarono alla mente quelle cento e cento volte in cui mi ero sentito morire e rivivere, e mi ricordai che mi ero sentito vivo solo quando avevo creduto in Dio. E mi bastava
credere all’esistenza di Dio per sentirmi vivo, e mi bastava dimenticarla o non credervi per sentirmi morire. Ma che cos’erano mai quelle fasi alterne di esaltazione vitale e di mortale disperazione? [...] “E allora cosa stai cercando ancora?” gridò a un tratto una voce dentro di me. “Eccolo dunque, il tuo Dio: egli è colui senza il quale non si può vivere. Conoscere Dio significa poter vivere. Dio è la
vita. Vivi cercando Dio, e allora non ci sarà
vita senza Dio.” E più forte che mai sentii che tutto s’illuminava in me e intorno a me, e quella luce non mi abbandonò più.
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Lev Tolstoj
Che nella dottrina cristiana sia contenuta
la verità è per me indubitabile; ma è altrettanto indubitabile che in essa ci sia anche la menzogna e io devo identificare
la verità e la menzogna, e separare l’una dall’altra. Ed è proprio questo che mi accingo a fare.
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Lev Tolstoj
Lo trovai perfettamente corretto. La conclusione che la
vita è nulla s’imponeva inevitabilmente; eppure individuai l’errore. L’errore consisteva nel fatto che io ragionavo in maniera incongruente con la questione che mi ero posta. La domanda era questa: dovendo io vivere, cosa sarebbe rimasto di autentico, d’indistruttibile di questa mia
vita effimera e caduca?
Quale senso aveva questa mia esistenza finita nel mondo infinito? E per rispondere ad una tale domanda avevo studiato la vita.
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Il mio vagabondare tra le scienze umane non soltanto non mi strappò alla disperazione, ma non fece che aggravarla. Una scienza non rispondeva alle domande poste dalla
vita, mentre l’altra vi rispondeva direttamente confermando la mia disperazione e dimostrando che le conclusioni a cui ero giunto non erano il frutto di un mio errore o di una malsana disposizione del mio spirito, ma al contrario erano giuste e coincidevano con le conclusioni a cui erano giunti i più possenti intelletti dell’
umanità.
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Lev Tolstoj
Questa forza m’indusse a concludere che né io né centinaia di altre persone simili a me costituivamo tutta l’
umanità, e che io non conoscevo ancora la
vita dell’
umanità.
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E invece i credenti del nostro ambiente vivevano – proprio come io vivevo – nell’abbondanza e nel superfluo, cercando anzi di conservarlo o di accrescerlo, dominati dalla paura delle privazioni, delle sofferenze e della
morte e – proprio come noi non credenti – vivevano cercando di soddisfare i loro capricci, vivevano insomma stoltamente come i non credenti, se non peggio.
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“Il saggio durante tutta la sua
vita cerca la
morte, e quindi la
morte non ha nulla di spaventoso per lui.”
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Lev Tolstoj
L’altro settore delle scienze, ossia quello delle scienze speculative, qualora si attenga fedelmente ai propri principi cercando di rispondere direttamente alla domanda, dovunque e in tutti i
tempi risponde e ha risposto sempre nello stesso modo:
il mondo è infinito e incomprensibile; la
vita dell’uomo è una parte inafferrabile di questo “tutto” incomprensibile.
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Lev Tolstoj
In generale, il rapporto delle scienze sperimentali con il problema della
vita può essere espresso nel modo che cercherò di esporre. Alla domanda sul perché io vivo, quelle scienze rispondono che nello spazio infinitamente vasto e nel
tempo infinitamente lungo vi sono delle particelle infinitesimali che si modificano in un’infinita complessità, e quando si saranno comprese le leggi di tali modificazioni si sarà compreso anche perché si vive.
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Dapprima mi parve che fossero domande assurde, fuori luogo. Mi pareva che se un giorno o l’altro mi fossi dedicato alla soluzione di quei problemi, ciò non mi sarebbe costato una gran fatica; per il momento non avevo il
tempo di dedicarmici, ma se mi ci fossi applicato avrei senza dubbio trovato delle risposte. Ma queste domande tornavano a ripresentarsi sempre più spesso, esigendo sempre più insistentemente delle risposte, e battendo e ribattendo ostinatamente sullo stesso punto, come la goccia che scava la pietra, queste domande senza risposta finirono per formare una grossa macchia nera.
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Persi
la fede nello stesso modo in cui l’hanno perduta e continuano a perderla coloro che hanno ricevuto il nostro stesso tipo di educazione.
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“Ma qual è l’origine della mia concezione di Dio, di quel Dio che sto cercando?” mi chiedevo. “Da dove proviene?” E di nuovo, a questo pensiero, sentivo sollevarsi in me gioiose ondate di
vita, e tutto intorno a me si animava e riceveva un senso. Ma la mia gioia non durava a lungo, giacché l’intelletto continuava il suo lavoro. “Il mio concetto di Dio non è Dio,” mi dicevo. “Un concetto è qualcosa che si produce dentro di me, e così il concetto di Dio è qualcosa che io posso a mio piacimento produrre o meno dentro di me. Non è questo ciò che io cerco: io cerco qualcosa la cui assenza renda impossibile vivere.” E di nuovo tutto appassiva intorno a me ed ero ripreso dal
desiderio di uccidermi.
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“È impossibile che questa disperazione sia comune a tutti gli uomini.”
E così cercavo delle risposte alle mie domande in tutte le conoscenze che gli uomini avevano acquisito. Cercai a lungo e tormentosamente, non per vuota curiosità, non con indolenza, ma ostinatamente, tormentandomi incessantemente giorno e notte, cercai come un morente cerca la propria salvezza, e non trovai nulla.
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La mia situazione era terribile: sapevo che lungo il
cammino della conoscenza razionale non avrei trovato altro che la negazione della
vita, mentre nella
fede non avrei trovato altro che la negazione della ragione, ancor più
assurda della negazione della
vita. Secondo la conoscenza razionale la
vita è un
male, e gli uomini lo sanno benissimo; ma sebbene potessero scegliere di non vivere, tuttavia essi erano vissuti e continuavano a vivere, e anch’io continuavo a farlo sebbene sapessi ormai da
tempo che la
vita è
assurda ed è un
male. Secondo
la fede, per comprendere il senso della
vita avrei dovuto rinunciare alla ragione, a quella stessa ragione attraverso cui avrei dovuto trovare il senso della
vita. Ne risultava una contraddizione con due sole vie d’uscita: o ciò che io definivo razionale non era poi così razionale come io ritenevo, oppure ciò che mi appariva irrazionale lo era meno di quanto pensassi. Presi così a verificare il
cammino logico seguito dalla mia conoscenza razionale.
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Compiendo tutti i riti della chiesa io facevo violenza alla mia ragione e mi piegavo alla tradizione. Mi riunivo così ai miei antenati, a coloro che amavo, a mio padre, a mia madre, ai miei nonni e alle mie nonne. Essi e tutti coloro che erano vissuti prima di me e mi avevano messo al
mondo avevano creduto. E mi riunivo anche a tutti quei milioni di uomini del popolo che io rispettavo.
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Lev Tolstoj
“Lodai dunque l’allegria, perché non c’è altro
bene per l’uomo sotto il sole, che mangiare e bere e godersela, e questo solo egli ricava dalla sua fatica, nei giorni di sua
vita che Dio gli ha dato sotto il sole. [...] Va’ dunque e mangia allegramente il tuo pane, e bevi con gioia il tuo vino. [...] Godi la
vita con la moglie che
ami, tutti i giorni della tua
vita caduca, che ti son concessi sotto il sole, per tutto il
tempo della tua vanità: ché questa è la tua parte nella
vita e nel lavoro con cui ti travagli sotto il sole. Tutto quello che la tua mano può fare, fallo prontamente; poiché né opera né pensiero né scienza né sapienza v’è giù nel
mondo de’
morti dove ten vai!”
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Lev Tolstoj
La conoscenza razionale mi aveva portato ad ammettere che la
vita è priva di senso, paralizzandomi e facendomi desiderare il suicidio. Ma considerando gli altri uomini, pressoché l’
umanità intera, dovetti constatare che continuavano a vivere e affermavano di conoscere il senso dell’esistenza. Considerai dunque me stesso: io avevo potuto vivere finché avevo creduto di conoscere il senso della
vita. Il senso della
vita e la possibilità di vivere erano stati offerti, a me come ad ogni altro
uomo, dalla
fede.
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Lev Tolstoj
Dovetti allora chiedermi se non vi fosse qualcosa che ancora non sapevo. È invece tipico dello stolto, quando non sa qualcosa, dire che ciò che non sa è una sciocchezza. L’
umanità, nel suo complesso, aveva sempre vissuto e viveva come se comprendesse il senso della propria esistenza, giacché in caso contrario non avrebbe potuto vivere. Invece io dicevo che la
vita era un
assurdo, che non potevo più vivere.
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La seconda via d’uscita è l’epicureismo. Essa consiste nell’atteggiamento di chi, ben conoscendo la situazione disperata propria della
vita, si accanisce nel godimento dei beni che essa può offrire, senza guardare né il drago né i topi, e leccando il miele nel miglior modo possibile, specialmente se ce n’è molto.
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