Frasi e aforismi di Guerra e pace
«Se tutti andassero in guerra solo in base alle proprie convinzioni, le guerre non ci sarebbero più».
Guerra e pace - Lev Tolstoj
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«La cosa più difficile è la sottomissione della libertà dell’uomo alle leggi di Dio,» diceva la voce. «La semplicità è l’obbedienza a Dio: a Lui non puoi sfuggire. E loro sono semplici. Loro non parlano, ma fanno. La parola pronunciata è d’argento, ma quella non pronunciata è d’oro
Guerra e pace - Lev Tolstoj
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L’uomo non può nulla finché ha paura della morte. Tutto appartiene a chi non ne ha paura. Se non ci fosse la sofferenza, l’uomo non conoscerebbe i propri limiti, non conoscerebbe se stesso.
Guerra e pace - Lev Tolstoj
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«Se un Dio esiste, e se esiste una vita futura, allora anche la verità esiste, ed anche la virtù; e la felicità suprema dell’uomo consiste nell’aspirare a raggiungerle. Bisogna vivere, bisogna amare, bisogna credere,» diceva Pierre, «bisogna credere che non viviamo soltanto oggi su questa zolla di terra, ma siamo già vissuti e vivremo eternamente là, nel tutto (e indicò il cielo).»
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«Vedi, mio caro, non c’è nulla di più forte di quei due combattenti là: tempo e pazienza; sono quelli che faranno tutto. »
Guerra e pace - Lev Tolstoj
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Per noi, con la misura del bene e del male dataci da Cristo, non esiste nulla di incommensurabile, e non c’è grandezza là dove non c’è semplicità, bene e verità.
Guerra e pace - Lev Tolstoj
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«L’amore? Che cos’è l’amore?» pensava. «L’amore è d’ostacolo alla morte. L’amore è vita. Capisco solo quello che amo. Tutto è, tutto esiste soltanto perché io amo. Tutto è tenuto in vita dall’amore. L’amore è Dio, e per me, parte infinitesimale dell’amore, morire significa ritornare alla sorgente eterna e universale». Questi pensieri gli parvero rassicuranti. Ma erano soltanto pensieri. In essi mancava qualcosa, c’era qualcosa di unilaterale, di soggettivo, di intellettualistico: mancava l’evidenza. E restava sempre la stessa inquietudine, la stessa incertezza… Poi si riaddormentò.
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La cosa più difficile (continuava a pensare o a udire Pierre nel sogno) consiste nel saper raccogliere nella propria anima il significato di tutto.
«Raccogliere tutto?» si disse Pierre. «No, non raccogliere. Non si possono raccogliere i pensieri, ma attaccarli insieme, tutti questi pensieri, ecco che cosa si deve fare!
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«Raccogliere tutto?» si disse Pierre. «No, non raccogliere. Non si possono raccogliere i pensieri, ma attaccarli insieme, tutti questi pensieri, ecco che cosa si deve fare!
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«Siamo ancora in tempo, amica mia. Ricordati, Catiche, che tutto questo è stato fatto senza riflettere, in un momento d’ira, di malattia; e poi tutto è stato dimenticato. Il nostro dovere, mia cara, è di correggere questo sbaglio, d’alleviare i suoi ultimi istanti non permettendogli di commettere questa ingiustizia, non lasciandolo morire col pensiero di aver reso infelici le persone»
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«Eppure ciò che amo, ciò che conta per me è solo il trionfo su tutti costoro; per me conta solo questa forza misteriosa, questa gloria che aleggia nella nebbia, e procede verso di me!»
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Amando di amore umano, dall’amore si può passare all’odio: ma l’amore divino è immutabile. Nulla neanche la morte, nulla può distruggerlo. È l’essenza stessa dell’anima. Quante persone ho odiato nella mia vita, invece! E fra tutte nessuno ho amato e odiato più di lei.» E si rappresentò Nataša, dal vivo, non così come se la rappresentava prima, soltanto con quel suo fascino che gli dava tanta gioia, ma raffigurandosi, per la prima volta, la sua anima. E allora ne capì i sentimenti, le sofferenze, la vergogna, il pentimento. Adesso per la prima volta comprendeva quanto crudele fosse stato il suo rifiuto. «Se potessi rivederla anche una volta soltanto. Una volta soltanto, guardarla in quegli occhi, dirle…»
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Se si ammette che la vita umana possa essere guidata dalla ragione, si distrugge la possibilità stessa della vita.
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«La vita è tutto. La vita è Dio. Tutto perennemente si sposta, si muove, e questo movimento è Dio. E finché c’è la vita, esiste il piacere dell’autocoscienza della divinità. Amare la vita è amare Dio. La cosa più difficile e più gioiosa è amare questa vita nelle sue sofferenze, nella sofferenza senza colpa.»
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«Sì, l’amore - pensava, di nuovo perfettamente lucido - non però quell’amore che ama per aver qualcosa in cambio, per qualche motivo e per qualche scopo, ma l’amore che ho provato la prima volta quando, in punto di morte, ho visto il mio nemico e tuttavia l’ho amato.
Ho provato quel sentimento d’amore che è l’essenza stessa dell’anima, e al quale non occorre un oggetto determinato. E anche adesso lo provo, questo sentimento che dà tanta felicità. Amare il prossimo, amare il nemico. Amare ogni cosa, amare Dio in tutto ciò in cui si manifesta. Una persona cara la si può amare di amore umano, ma il nemico si può amare soltanto di amore divino. Per questo ho provato tanta gioia quando ho sentito di amare quell’uomo. Che ne sarà di lui? Sarà vivo?…
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Ho provato quel sentimento d’amore che è l’essenza stessa dell’anima, e al quale non occorre un oggetto determinato. E anche adesso lo provo, questo sentimento che dà tanta felicità. Amare il prossimo, amare il nemico. Amare ogni cosa, amare Dio in tutto ciò in cui si manifesta. Una persona cara la si può amare di amore umano, ma il nemico si può amare soltanto di amore divino. Per questo ho provato tanta gioia quando ho sentito di amare quell’uomo. Che ne sarà di lui? Sarà vivo?…
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«E l’amore per il prossimo, e il sacrificio di se stessi?» prese a dire Pierre. «No, non posso esser d’accordo con voi! Vivere soltanto per non far del male, per non doversi poi pentire è troppo poco. Io vivevo così, io vivevo per me stesso e ho rovinato la mia esistenza. E solo adesso ho cominciato a vivere, o per lo meno mi sforzo di vivere»
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A causa della presunzione con la quale parlava nessuno comprese se ciò che aveva detto fosse molto intelligente oppure molto stupido.
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«Ecco la prova di come sono egoisti tutti gli uomini; tutti, tutti! Lui per soddisfare i suoi capricci, Dio sa perché, non si perita di abbandonarmi, di relegarmi in campagna, sola.»
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Per questa via hanno proceduto tutte le scienze umane. Giungendo all’infinitamente piccolo, la matematica, la più esatta delle scienze, abbandona il processo di frantumazione e affronta il nuovo processo di sommare le incognite infinitamente piccole. Trascurando il concetto di causa, la matematica ricerca la legge, cioè le proprietà comuni a tutti gli elementi ignoti infinitamente piccoli.
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«Si dice: le disgrazie, le sofferenze,» disse Pierre. «Sì, ma se adesso, proprio in questo momento, mi chiedessero: vorresti esser rimasto quello che eri prima della prigionia o rivivere tutto daccapo…, per amor di Dio, ancora una volta la prigionia e la carne di cavallo! Di solito crediamo che appena sbalzati fuori dalla solita carreggiata, tutto sia perduto; e invece solo allora comincia qualcosa di nuovo, di buono. Finché c’è vita, c’è felicità. Abbiamo ancora tante cose davanti a noi.»
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Durante l’avanzata, la terra promessa dei francesi era Mosca, durante la ritirata era la patria. Ma la patria era troppo lontana e per un uomo che si accinge a un viaggio di mille verste è assolutamente necessario potersi dire, dimenticando la meta finale: «oggi, dopo quaranta verste di strada, arriverò in un posto dove mi riposerò e passerò la notte,» e fin dalla prima tappa questo luogo di riposo mette in secondo piano la meta finale e concentra in sé tutti i desideri e le speranze. Le tendenze che si manifestano in un singolo uomo, aumentano sempre in una moltitudine.
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«Non ti venga mai in mente di sposarti, mio caro; questo è il mio consiglio, non prender moglie finché non avrai potuto dire a te stesso che hai fatto tutto il possibile per evitarlo, finché non avrai smesso d’amare la donna che hai scelto, finché non la vedrai come in trasparenza, altrimenti sbaglierai crudelmente e senza alcun rimedio. Sposati da vecchio quando non sarai buono a nulla… Altrimenti andrà perduto tutto ciò che in te è buono ed elevato. Tutto si disperderà in piccolezze. Sì, sì! Non guardarmi così meravigliato. Se speravi qualcosa dall’avvenire, a ogni passo sentirai che per te tutto è finito, tutto ti è precluso, tranne il salotto dove ti trovi gomito a gomito con i lacchè di corte e con gli imbecilli… Ma a che pro, parlare di me!»
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« ognuno vive a modo suo; tu vivevi per te stesso e dici che in tal modo per poco non rovinavi la tua esistenza, e che hai conosciuto la felicità solo quando hai cominciato a vivere per gli altri. Io invece ho sperimentato il contrario. Io vivevo per la gloria. (Ma che cos’è, in fondo, la gloria? Sempre lo stesso amore per gli altri, il desiderio di far qualcosa per loro, il desiderio di esserne lodato.) Dunque ho vissuto per gli altri e ho rovinato la mia vita, non in parte, ma del tutto. Da quando vivo solo per me stesso mi sento più tranquillo.»
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«Arriverò in un posto, pregherò; non farò in tempo ad abituarmi, ad amare, che già proseguirò oltre. E continuerò ad andare finché le gambe non cederanno. Allora giacerò per terra e morirò non importa dove, e finalmente giungerò a quell’eterno, placido porto dove non c’è dolore né rimorso!…» ripeteva a se stessa la principessina Mar’ja.
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«Sì, sono stata una stupida: credevo ancora negli uomini; li amavo e ho sacrificato me stessa. Ma soltanto chi è vile e basso ha fortuna nella vita. Lo so bene a chi si devono questi intrighi.»
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Voi dite che io non sono libero. Ma io sollevo e abbasso un braccio. Chiunque capisce che questa risposta illogica è una prova inconfutabile della libertà.
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Qual è la causa degli avvenimenti storici? Il potere. Che cosa è il potere? Il potere è la somma delle volontà trasmesse a una sola persona. A quali condizioni si trasmettono le volontà delle masse a una sola persona? Alla condizione che quella data persona esprima le volontà di tutti gli uomini. Insomma il potere è il potere. Insomma il potere è una parola il cui significato ci è incomprensibile.
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Nulla, in sé, di tutto questo, costituisce la vera causa. Tutto questo è soltanto la coincidenza delle condizioni per le quali si compie ogni evento vitale, organico, elementare. Il botanico che affermasse come la caduta della mela sia dovuta al dilatarsi del tessuto cellulare e cose del genere, avrebbe ragione quanto il bambino che, stando lì sotto, dicesse che la mela è caduta, perché lui aveva voglia di mangiarla e aveva detto una preghiera propizia per l’evento. Così, sarebbe altrettanto nel vero e nel falso chi dicesse che Napoleone mosse contro Mosca perché tale era la sua volontà, e andò incontro alla rovina perché così aveva voluto Alessandro. E del pari avrebbe torto e al tempo stesso ragione chi dicesse che la frana di una montagna di milioni di libbre, scavata all’interno, crollerà perché l’ultimo operaio l’ha colpita per l’ultima volta col piccone. Negli eventi storici i cosiddetti grandi uomini sono le etichette che danno il nome a un dato evento, e che, proprio come le etichette, meno di ogni altra cosa hanno un preciso rapporto con l’evento.
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