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Aforismi e frasi de Il Giocatore di Dostoevskij

O gente contenta e soddisfatta di se stessa! Con quale burbanzoso autocompiacimento questi chiacchieroni son sempre pronti a spiattellare le loro sentenze! Se soltanto sapessero fino a che punto io sono cosciente di quanto sia abominevole, la mia attuale situazione, certo non oserebbero aprir bocca per farmi la lezione. E del resto, cosa mai potrebbero dirmi di nuovo, che io non sappia già? E il punto sta forse qui? Il punto sta nel fatto che basterebbe un solo giro della ruota della fortuna perché tutto cambiasse, e questi stessi signori moralisti (ne sono convinto) verrebbero a farmi le loro congratulazioni battendomi affabilmente la mano sulla spalla, e certo non mi volterebbero tutti quanti le spalle come fanno ora. Ma io sputo su tutti loro quanti sono! Cosa sono io adesso? Uno zero. Cosa potrei essere domani? Domani potrei risorgere dai morti e ricominciare nuovamente a vivere! Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
È un fatto che all'uomo fa piacere vedersi davanti umiliato anche il suo migliore amico; e proprio sull'umiliazione che si fonda in gran parte l'amicizia, e questa è una vecchia verità, ben nota a tutte le persone intelligenti. Ma in questo caso le assicuro che sono sinceramente contento di vedere che lei non si perde d'animo. Mi dica, lei non ha mica l'intenzione di abbandonare il gioco?» Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Mi piacciono le sue osservazioni. In queste sue parole io riconosco il mio amico d'un tempo, intelligente, entusiasta e allo stesso tempo anche cinico; soltanto i russi sono capaci di riunire in sé tanti caratteri contraddittori tutti insieme. Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Non valeva neanche la pena di notarlo. Con gran dispetto del pubblico distinto queste signore non mancano mai, perlomeno quelle che ogni giorno cambiano al tavolo delle banconote da mille franchi. Del resto, non appena smettono di cambiare banconote vengono subito pregate di allontanarsi. Mademoiselle Zelmà continuava sempre a cambiare banconote, ma il suo gioco era sempre più sfortunato. Noti che queste signore hanno molto spesso fortuna al gioco e dimostrano una straordinaria padronanza di sé. Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Basta, mister Astley, la prego, non mi faccia la predica,» ho esclamato io con dispetto e quasi con ira. «Sappia, invece, che io non ho dimenticato proprio niente, bensì soltanto per un certo periodo ho scacciato tutto questo dalla mia testa, e cioè fino a quando non avrò radicalmente raddrizzato la mia situazione. Allora, allora... lei vedrà: risorgerò dai morti!» Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Magnifico!» ho esclamato. «Lei ha pronunziato questo magnifico ‹inutile› apposta per schiacciarmi. Io la vedo da parte a parte. Inutile, dice lei? Ma il piacere è sempre utile, e il sentimento di disporre di un potere assurdo e sconfinato su qualcuno - fosse pure su una mosca - ci dà un certo piacere. L'uomo è un despota per natura e ama infliggere tormenti. Lei questo lo ama alla follia.» Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Sì, uomo infelice, lei l'amava, e io posso rivelarglielo perché lei, ormai, è un uomo perduto. Non solo, ma se anche le dicessi che lei l'ama ancora, ebbene lei resterebbe qui ugualmente! Sì, lei ha distrutto sé stesso. Sì, lei aveva certe qualità, uno spirito vivo e una certa intelligenza; lei avrebbe potuto anche essere utile alla sua patria, che ha tanto bisogno di uomini, ma lei invece rimarrà qui e la sua vita è ormai finita. Io non la incolpo. Secondo me, tutti i russi sono così, o almeno tendono ad esserlo. Se non è la roulette, ebbene sarà qualcosa dello stesso genere. Le eccezioni sono troppo poche. Non è lei il primo a non capire che cos'è il lavoro (non parlo qui del vostro popolo). La roulette è un gioco russo per eccellenza. Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
Tutto è passato rapido come un sogno, e perfino la mia stessa passione, che pure era così forte e autentica, ebbene... dov'è finita adesso? È un fatto che certe volte oggi mi passa per la testa un'idea: «Non sarà mica che allora sono diventato pazzo e sono stato rinchiuso per tutto questo tempo in qualche manicomio, e potrebbe darsi che ancora adesso ci sia rinchiuso, così che mi è soltanto parso che mi sia successo tutto questo, e ancora oggi tutto ciò mi sembra soltanto...un sogno» Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
Già, qualche volta l'idea più folle, l'idea apparentemente più assurda ti si fissa e radica in testa così profondamente che alla fine involontariamente l'accetti come qualcosa di effettivamente realizzabile... Non solo, ma se questa idea si fonde con un qualche desiderio forte e appassionato, puoi addirittura finire per accettarla come qualcosa di fatale, di necessario e predestinato, come qualcosa insomma che non può fare a meno di accadere realmente! Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«O forse perché era assolutamente indispensabile vincere. Lei fa come chi per non annegare si aggrappa a una pagliuzza. Lei ammetterà che, se non stesse per annegare, non prenderebbe certo la pagliuzza per un ramo di quercia.» Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
« Oui, oui, c'est ça, c'est magnifique! E io so che tu senza dubbio li vincerai e me li porterai. Dis donc, lo sai che tu farai tanto che alla fine ti amerò davvero? Eh bien, visto che sei così, io per tutto questo tempo ti amerò e non ti sarò mai infedele! Vedi, in questi giorni, sebbene non ti amassi parce che ho pensato, che sei solo un outchitel (qualcosa come un lacchè, non è vero?), tuttavia ti sono stata sempre fedele, parce que je suis bonne fille (perché sono una brava ragazza).» Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
No, non mi facevano gola i soldi! Allora io desideravo soltanto che il giorno dopo tutti quegli Hinze, tutti quei maîtres d'hotel, tutte quelle maestose signore di Baden, non facessero altro che parlare di me, raccontare la mia storia, ammirarmi, lodarmi e inchinarsi di fronte alla mia nuova vincita! Questi sono soltanto sogni e ambizioni infantili, ma... chissà: forse avrei incontrato Polina, le avrei raccontato tutto e lei avrebbe visto che io ero superiore a tutti quegli assurdi colpi del destino... Oh no, non mi facevano gola i soldi! Sono convinto che li avrei scialacquati allo stesso modo con una qualche Blanche e me ne sarei andato a Parigi per tre settimane con una pariglia di cavalli acquistati per sedicimila franchi. Io so con sicurezza di non essere un avaro; penso, anzi, di essere prodigo, eppure, tuttavia, con quale tremito, con che stretta al cuore ascolto sempre l'annuncio del croupier. Trente et un, rouge, impaire et passe, oppure: quatre, noir, pair et manque! Con quale avidità contemplo i tavoli di gioco, su cui sono sparsi qua e là i luigi d'oro, i federici, i talleri, oppure le colonnine di monete d'oro che, abbattute dalla paletta del croupier, si trasformano in mucchi ardenti come fuoco, o le colonnine di monete d'argento, alte anche più di mezzo metro, che si elevano intorno alla ruota della roulette! Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
Cioè, mettiamo che io abbia una mia dignità, ma che non sia capace di comportarmi con dignità. Lei comprende che ciò può veramente accadere? Ma in fondo tutti i russi sono così, e sa perché? Perché i russi sono dotati di una personalità troppo ricca e multiforme per poter trovare una forma adeguata. Si tratta di una questione di forma. Perlopiù noi russi siamo così riccamente dotati che per trovare una forma adeguata ci è indispensabile la genialità. Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Oh, non si faccia venire quest'idea, non è affatto così!» ho esclamato io, rivolto al generale. «Naturalmente la mia non è stata una bell'azione, e lo riconosco con la massima franchezza. Il mio atto lo si può perfino definire una sciocca e sconveniente monelleria, ma nient'altro. E sappia, generale, che ne sono sinceramente pentito. Ma c'è qui una certa circostanza che, almeno ai miei occhi, mi dispensa quasi dal pentimento. In questi ultimi tempi, diciamo da due o tre settimane, non mi sento bene: sono malato, nervoso, irritabile, lunatico, tanto che in certi casi perdo completamente il controllo. Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Date un federico a testa anche ai portatori. Su, dagli una moneta d'oro per uno, Aleksej Ivanoviè. E perché quel lacchè s'inchina, e anche quell'altro? Mi salutano? Dà anche a loro un federico a testa.» Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Capisco, ma desiderare i soldi non deve condurre alla follia! Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Adesso non si tratta di questo. Ascolti e tenga bene a mente: prenda questi settecento fiorini e vada a giocare, vinca per me alla roulette quanto più può: ora ho bisogno di denaro a qualsiasi costo.» Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
Sono rimasto di sasso, come fulminato, senza credere ai miei occhi né alle mie orecchie. Dunque lei mi amava! Era venuta da me, invece di andare da mister Astley! Lei, una fanciulla, era venuta sola nella mia stanza, in albergo, e quindi si era compromessa davanti a tutti, e io stavo lì, davanti a lei, e ancora non avevo capito niente! Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Al modo tedesco di accumulare ricchezza. Io mi trovo qui da poco tempo, eppure tutto ciò che ho fatto a tempo ad osservare e a verificare fa ribollire il mio sangue tartaro. Proprio non so che farmene di certe virtù! Ieri ho fatto qui intorno un giretto di una decina di verste. Be', quello che si vede qui corrisponde esattamente a quel che si legge in quei libriccini tedeschi di dottrina morale corredati da illustrazioni: qui in ogni casa hanno il loro «vater» (padre) terribilmente virtuoso e straordinariamente onesto. Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
Dio mio! come scrivevo a cuor leggero quelle ultime righe, specialmente se faccio il confronto col momento attuale! Cioè a dire, non che mi sentissi il cuore leggero, ma quale fiducia non avevo in me stesso, come mi apparivano incrollabili le mie speranze! Dubitavo forse anche minimamente di me stesso? Ed ecco che è trascorso appena un po' più di un anno e mezzo e ora mi sembra di esser ridotto molto peggio di un mendicante! Anzi, macché mendicante! Che me ne importa della miseria! Ho semplicemente rovinato me stesso! Del resto, non serve proprio a nulla paragonare la mia ad altre situazioni, e neppure farsi delle lezioni di morale. Non ci può essere nulla di più sciocco della morale in un'epoca come questa! Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
«Lei vegeta,» ha osservato allora mister Astley, «lei non soltanto ha rinunciato ai suoi interessi personali e a quelli sociali, non soltanto ai suoi doveri di uomo e di cittadino, non soltanto ai suoi amici (eppure ne aveva), non soltanto ha rinunciato a qualsiasi fine nella vita, eccettuato quello di vincere, ma perfino ai suoi ricordi. Io ricordo di averla conosciuta in un momento forte e ardente della sua vita, ma sono convinto che lei adesso ha dimenticato tutte le sue migliori inclinazioni di allora; i suoi sogni di adesso, anche quelli più urgenti ed essenziali, ormai non vanno oltre al pair e impair, rouge, noir, la dozzina di mezzo e così via; ne sono assolutamente convinto!» Il giocatore - Fëdor Dostoevskij
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