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Aforismi e frasi sul destino e il libero arbitrio

Fino a che punto l'uomo è libero e fino a che punto decidono le circostanze, quando conta il libero arbitrio e quando interviene il fato – questi sono misteri e tali rimarranno.
Mahatma Gandhi
Neppure gli dei combattono contro il destino.
Pittaco
Nondimanco, perché il nostro libero arbitrio non sia spento, giudico potere esser vero, che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che ancora ella ne lasci governare l'altra metà, o poco meno, a noi.
Niccolò Machiavelli
Il destino è un'invenzione della gente fiacca e rassegnata.
Ignazio Silone
Il nostro destino esercita la sua influenza su di noi anche quando non ne abbiamo ancora appresa la natura: il nostro futuro detta le leggi del nostro oggi.
Nietzsche
La libertà, nella sua più alta espressione consiste nel dare tutto e nel servire gli altri. L'uomo capace di questo, capace d'essere padrone di sé sino a tal punto, è libero come nessun altro. È questa la più elevata manifestazione del libero arbitrio. Fëdor Dostoevskij
La teoria del libero arbitrio è inventata in sostanza allo scopo del castigo, ossia del voler-trovare-colpevole.
Friedrich Nietzsche
Libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno:
per ch'io te sovra te corono e mitrio.
Dante Alighieri, Divina Commedia
Ercole al bivio, dipinto di Annibale Carracci (1596), raffigurante l'indecisione dell'eroe fra le alternative della virtù e del vizio - Il libero arbitrio

Lutero, Il servo arbitrio, parte II (1524)

Innanzi tutto Dio è onnipotente non solo per il potere ma anche per la sua azione altrimenti sarebbe un Dio ridicolo. In secondo luogo sa tutto e prevede tutto, perciò non può né errare né fallire. Se il nostro cuore e la nostra intelligenza approvano pienamente questi due punti, siamo obbligati ad ammettere, per una conseguenza ineluttabile, che non siamo stati creati per nostra volontà ma per necessità e perciò non facciamo ciò che ci piace in virtù del nostro libero arbitrio, ma ciò che Dio ha previsto da ogni eternità e che fa accadere secondo il suo proponimento ed il suo potere infallibili e immutabili.

Nota
Per Lutero, l’uomo non ha alcun potere sulla sua vita. Egli è schiavo del peccato e dei suoi più bassi istinti e non ha la possibilità di riscattarsi in alcun modo. Né la fede né le opere possono nulla. È inutile che l’uomo, “con le sue corte braccia”, tenti di raggiungere Dio. Egli non può assicurarsi la misericordia di Dio neanche con le opere buone: il peccato originale lo porterebbe ineluttabilmente a peccare di nuovo. Tutto dipende da Dio, che nella sua onnipotenza aiuta solo chi ha deciso ab aeterno (dall’eternità) di salvare.

Erasmo, De libero arbitrio (1524)

Supponiamo dunque che in un certo senso sia vero ciò che Wycliff ha insegnato e Lutero asserisce, cioè che qualunque cosa sia da noi fatta non è opera dei libero arbitrio ma della pura necessità, cosa v'è di più inutile che divulgare questo paradosso ai profani?

Supponiamo parimenti vero, in un certo senso, ciò che Agostino ha scritto in qualche parte: "Dio opera in noi il bene e il male e in tal modo rimunera in noi le sue stesse azioni buone così come punisce, parimenti in noi, le sue cattive"; se lasciassimo circolare fra il popolo un tale asserto ciò basterebbe per aprire ad innumerevoli mortali una larga porta all'empietà perché il popolo ha uno spirito lento, imprevidente, malizioso, e tendenzialmente portato ad ogni specie d'empietà. Quale peccatore potrebbe sostenere, in similicondizioni, una lotta continua e faticosa con la sua carne? Qual malvagio si impegnerebbe per correggere la propria vita?

Chi potrebbe arrivare ad amare con tutto il suo cuore un Dio che avesse creato l'Inferno ed il suo fuoco eterno solo per farvi scontare dentro a poveri disgraziati le sue personali colpe, quasi prendesse piacere alle sofferenze umane? Infatti è così che la maggior parte delle persone si raffigurerebbe la scena. Lo spirito umano è, per lo più, carnale, portato alla incredulità, incline al male, pronto alla bestemmia perciò non c'è bisogno di gettare olio sul fuoco.

Destino e libero arbitrio su Npensieri.it

«Sinceramente (forse in modo ingenuo), da un po’ di tempo non vedo più questo problema. Mi sembra che quello del destino o del caso
sia uno dei soliti enigmi che riempiono libri e danno buoni argomenti di conversazione, ciò nonostante sono pressappoco inessenziali».
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Le caratteristiche fisiche e psichiche di un individuo dipendono, e sono determinate (per la scienza biologica) dal suo codice genetico. Ora, il suo codice genetico è determinato indipendentemente dalla sua volontà e deriva da fattori ereditari, e da errori casuali nella trascrizione del DNA. Ovviamente, l’individuo non può scegliere il suo DNA, perciò avrà caratteristiche fisiche e psichiche determinate. Non è libero di scegliere, ma viene gettato nel mondo in modo inconsapevole.
Può allora scegliere l’ambiente in cui nascere ed in cui riprodursi? »
«No, quello di certo non lo sceglie. Che stai tentando di dirmi che non esiste il libero arbitrio? »
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«La filosofia platonica ha senso solo partendo dal presupposto che esista il libero arbitrio. Ampliando il discorso penso che, il nostro essere uomini, abbia lo stesso presupposto.
Senza libero arbitrio, non c’è l’uomo, non c’è vita consapevole;il fatto che pochi sappiano scoprire, o far uso di questo bene, è un'altra storia».
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«Quindi, per scegliere bene, bisogna conoscere. Senza conoscenza, infatti, non c’è scelta consapevole. Una conoscenza che va al di là della vita stessa, e che si propaga attraverso l’anima in un flusso continuo di vita e morte,
di scelta e comprensione, di liberà e necessità
».
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«Dobbiamo essere noi stessi a coltivare il libero arbitrio, nei limiti delle nostre possibilità.
Quella goccia infinitesimale di indeterminatezza deve diventare l’acqua che irrora la nostra libertà ed il nostro essere uomini».
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Il caso e la necessità - Jacques Monod

Fra tutti i concetti di natura scientifica, quello del caso distrugge più degli altri ogni antropocentismo ed è il più intuitivamente inaccettabile da parte di quegli esseri profondamente teleonomici che siamo noi. (cap. VI, 3)

L'evoluzione della biosfera è dunque un processo necessariamente irreversibile che definisce una direzione nel tempo, direzione che è identica a quella imposta dalla legge dell'aumento dell'entropia, cioè dal secondo principio della termodinamica. (cap. VII, 1)

Noi vogliamo essere necessari, inevitabili, ordinati da sempre. Tutte le religioni, quasi tutte le filosofie, perfino una parte della scienza, sono testimoni dell'instancabile, eroico sforzo dell'umanità che nega disperatamente la propria contingenza.

Dobbiamo tenerci sempre in guardia da questo senso così forte del destino. Il destino viene scritto nel momento stesso in cui si compie, e non prima. Il nostro non lo era prima della comparsa della specie umana [...] L'universo non stava per partorire la vita, né la biosfera l'uomo. Il nostro numero è uscito alla roulette:
perché dunque non dovremmo avvertire l'eccezionalità della nostra condizione, proprio allo stesso modo di colui che ha appena vinto un miliardo?

«L'invarianza precede necessariamente la teleonomia. Per essere più espliciti, si tratta dell'idea darwiniana che la comparsa, l'evoluzione e il progressivo affinamento di strutture sempre più fortemente teleonomiche sono dovuti al sopraggiungere di perturbazioni in una struttura già dotata della proprietà di invarianza, e quindi capace di "conservare il caso" e di subordinarne gli effetti al gioco della selezione naturale. »
(Jacques Monod, Il caso e la necessità, cap. II, 1)

Destino e libero arbitrio


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